venerdì 15 ottobre 2010

La stanza.
Essa ha due porte.
Decido io che cosa farne.
So perché ci sono entrato.
So cosa vuol dire uscirne.
Cosa mi ha spinto ad entrarci?
Ho fatto una sceta. Ho scelto te.
Viverti così come sei, sapendo che siamo diversi, sapendo che non avrei mai dovuto pretendere ciò che non puoi darmi, ciò che non hai, ciò che non sei. Ero convinto che potesse bastarmi quello che mi dai. Ne ero convinto.
Ho portato con me un vaso rotto, ero convinto che dentro questa stanza, non avrei notato le crepe. Mi sbagliavo.
Cosa c'è nella stanza?
Io. Tu. Noi.
La sua grandezza è proporzionale a quello che stiamo costruendo al suo interno. Potrebbe non smettere mai di espandersi.
Potrebbe diventare il nostro mondo.
Potrebbe essere tutto ciò di cui abbiamo bisogno. Potrebbe.
L'altra porta ...
Ci sono momenti in cui mi dimentico della sua presenza, altri in cui non posso fare a meno di vederla.
Davanti ad essa ho messo il vaso, con le sue crepe. Aprendo la porta, si rompe il vaso.
E se ne uscissi?
Il vaso è caduto già troppe volte. Se si rompesse di nuovo, svanirebbe. Se svanisce lui, svanisce la stanza.
Senza la stanza ... non ci sarebbe nessun noi.
Ho paura.

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